Tra remoti villaggi di Simigaon, Beding, Na, foreste verticali del Gaurishankar, gli esploratori si sono diretti nel profondo ghiacciaio Drolambau estremo, luogo himalayano, dove la presenza dell’ “uomo delle nevi” è realtà e non una leggenda. Le montagne vengono nominate sulle mappe nepalesi: Malangur che significa “grande scimmia”.
Le ricerche scientifiche ed esplorative nella Rolwaling Himal a seguito delle testimonianze avute da Dorjee Sherpa (storica Guida Himalaiana 63enne) che nella precedente spedizione Gaurishankar 2013 ci aveva trasmesso preziose informazioni relative al verso e al comportamento del leggendario “uomo delle nevi “, lo Yeti. Alla base del Ripimo Glacier (4400 m slm) abbiamo inoltre rilevato la presenza di piu’ impronte con il dito “alluce” opponibile , caratteristica unica dei primati.
Nel giorno 20 Ottobre 2015, in via del tutto eccezionale, intervistiamo un Monaco Sherpa del monastero di Beding (3700 m slm) sulle testimonianze relative ad avvistamenti della leggendaria e mitica grande scimmia Himalaiana.
<<Circa un paio di mesi fa, ho visto un grande essere bipede dalle sembianze umane, con lunghi peli dalla testa ai piedi, che procedeva verso il villaggio di Na (4200 m slm) sul fondo della valle della Rolwaling>> ha dichiarato il monaco.
In via del tutto esclusiva ci ha mostrato la sezione pittorica, segreta, raffigurata all’interno di un monastero del quale non possiamo rivelare il nome e il luogo, dove è documentata la presenza dello Yeti in relazione con l’uomo nel suo ambiente naturale, in rapporto con il leopardo delle nevi, l’orso, il serpente e altri animali simbolo-totemici della regione Himalaiana.
Molteplici testimonianze e indizi raccolti negli anni sembrano quindi supportare l’ipotesi della presenza dello Yeti nella “nostra” Valle Nascosta.
Nello stesso giorno incontriamo con una cerimonia nell’atrio antistante il Monastero con il Lama Temba Sherpa (massima autorita’ religiosa locale). In tale contesto l’Explora ringraziava il Lama e il popolo della valle per l’ospitalità ricevuta grazie anche ai Mount Everest Summitters Club, rafforzando il rapporto di vicinanza e fratellanza e continuando a sostenere in futuro le esigenze ricostruttive post-terremoto, con l’auspicio di un proficuo sviluppo turistico ed economico della valle.
Inoltre, informavamo il Lama della nostra ipotesi sul Gigantopitecus e del suo probabile legame con la leggenda dello Yeti.
Attraverso le conoscenze scientifiche del Prof. Schrenk – Max Plank Insitute di Lipsia – e grazie alla collaborazione con il Dott. Stefano Benazzi – Dipartimento di Beni Culturali dell`Alma Mater Studiorum di Bologna – con il quale l’ Explora collabora dal 2013 sullo studio della morfologia dentale delle popolazioni Himalaiane, si ipotizza che il ritrovamento di Schrenk del 2005 di una mandibola e di alcuni denti dell’arcata superiore di un grande ominide dal peso di circa 300 kg e dall’altezza di circa 2.5 metri sia riconducibile alla leggenda Sherpa dello Yeti.
Come afferma il Dott. Benazzi:
<<Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che creature leggendarie come lo Yeti ed il Bigfoot, non siano altro che varianti del Gigantopithecus. Il Gigantopithecus era una grande scimmia, probabilmente estinta intorno a 300 mila (Rink et al. 2008) o addirittura 100 mila anni fa, riconosciuta per la prima volta nei depositi Miocenici dell’India e del Pakistan (Gigantopithecus bilaspurensis circa 9 milioni di anni fa), e successivamente attestata nei depositi del Pleistocene Inferiore e Medio della Cina e del Vietnam (Gigantopithecus blacki). Del Gigantopithecus si conoscono solo denti e mandibole, attraverso i quali è stato stimato un peso di circa 300 kg (Johnson, 1979). Diversi studi si sono focalizzati sulla dieta, con ricercatori che hanno proposto una dieta ricca di frutti (Daegling and Grine, 1994), oppure una dieta mista di frutti ed erba (Ciochon et al., 1990), oppure cibi duri come il bambù (Kupczik and Dean, 2008). Molto dibattuto è anche l’ambiente ecologico in cui viveva il Gigantopithecus, dato che i primi studi suggerivano spazi aperti (Pilbeam, 1970), mentre studi più recenti indicano ambienti di foresta subtropicale o tropicale (Zhao and Zhang, 2013)>>
Se effettivamente creature leggendarie come lo Yeti ed il Bigfoot sono riconducibili al Gigantopithecus, la missione acquisterebbe un’ulteriore importanza scientifica perché permetterebbe il recupero di resti fossili di questo hominidae in un’area geografica inaspettata, allargando quindi il suo areale di distribuzione, fornendo al contempo indizi fondamentali sulla sua paleodieta, paleoambiente ed eventualmente l’estinzione.
Attualmente le testimonianze dirette raccolte dall’Explora negli anni 2011-2013-2015 sono quelle della presenza attuale e reale di una specie di grande scimmia bianca sulle pendici delle montagne e delle foreste dell’Himalaya denominata Malangur (che in nepalese significa grande scimmia), catena montuosa compresa tra il Monte Gaurishankar e il Monte Everest, come riportato sulle mappe attuali.
References: Ciochon R, Piperno D, Thompson R. 1990. Opal phytoliths found on the teeth of the extinct ape Gigantopithecus blacki: implications for paleodietary studies. Proc Natl Acad Sci USA 87:8120–8124. Daegling D, Grine F. 1994. Bamboo feeding, dental microwear, and diet of the Pleistocene ape Gigantopithecus blacki. South Afr J Sci 90:527–532. Johnson A. 1979. Skeletal estimates of Gigantopithecus based on a gorilla analogy. J Hum Evol 8:585–587. Kupczik K, Dean C. 2008. Comparative observations on the tooth root morphology of Gigantopithecus blacki. J Hum Evol 54:196–204. Pilbeam D. 1970. Gigantopithecus and the origins of Hominidae. Nature 225:516–519. Rink W, Wei W, Bekken D, Jones H. 2008. Geochronology of Ailuropoda-Stegodon fauna and Gigantopithecus in Guangxi Province, southern China. Q Res 69:377–387. Zhao L, Zhang L. 2013. New fossil evidence and diet analysis of Gigantopithecus blacki and its distribution and extinction in South China. Q Int 286:69–74. Dott. Stefano Benazzi Dr. Stefano Benazzi, PhD Senior Lecturer Department of Cultural Heritage University of Bologna Via degli Ariani 1 48121 Ravenna, Italy and Associate Researcher Department of Human Evolution Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology Deutscher Platz Leipzig 04103 Germany
Riportiamo le parole del capospedizione, Davide Peluzzi,
in un’intervista condotta da Licia Colò nel suo programma “Il mondo insieme” in onda TV2000 .
Licia Colò: <<Oggi puoi portare a noi la Prova che lo Yeti esiste. Ma chi è lo Yeti.>>
Davide Peluzzi: <<Il discorso è semplice e complesso allo stesso tempo. Come viene spiegato dagli stessi monaci, lo Yeti fa parte degli animali totemici, cioè quegli animali che hanno un ruolo fondamentale nella loro millenaria cultura. Lo Yeti, definito dal nostro amico Dorje Sherpa, non è null’altro che una Grande Scimmia. Di fatti le nostre immagini, i nostri studi e le nostre documentazioni sono legate al Gigantopithecus, una grande scimmia che pesava 300 kg alta quasi 3 mt estinta migliaia di anni fa proprio nel sud-est asiatico e sono stati trovati dei resti tra cui dei molari molto grandi conservati all’IPSIA dal prof. Frank con cui noi collaboriamo tramite il prof. Venanzi>>
Licia Colò: <<il Gigantopithecus però non è lo Yeti. Lo Yeti chi dovrebbe essere?>>
Davide Peluzzi: <<Nelle foreste verticali, in particolar modo nella zona del Gaurishankar, esistono delle grandi scimmie come le Scimmie Rosse o le Scimmie Bianche che sono scimmie antropomorfe, quindi hanno caratteristiche molto simili a quelle umane. Dorje Sherpa ci ha descritto più volte nei versi e nelle gestualità lo Yeti. Noi abbiamo anche trovato impronte, le abbiamo fotografate… esistono quindi queste scimmie dalle caratteristiche umanoidi, chiamate scimmie bianche, che sono leggermente più grandi perché si stabilite in una fascia della foresta verticale del Gaurishankar, tra i 3.000 e i 4.000 mt>>
Licia Colò: <<Tu un giorno in una delle tue spedizioni hai visto lo Yeti. Ma come fa a sopravvivere una grande scimmia sulla neve a quelle temperature, a quelle altezze? Di cosa si nutre?>>
Davide Peluzzi: <<Dobbiamo pensare che il macro cosmo Himalayano non è fatto soltanto delle alte vette, ma pensiamo alla stessa valle del Rolwaling che parte da una quota di 920 mt e arriva fino al Gaurishakar (7.180 mt). Quindi abbiamo una sezione del mondo completa. Loro vivono di tutti gli alimenti di cui si nutrono le grandi scimmie. Le foreste arrivano fino al limite dei 4.000 mt, quindi come ripeteva il nostro amico Dorje Sherpa “sbagliate il luogo dove cercarle, non dovete cercarle sulle vette, ma bensì nelle foreste”>>
Licia Colò: <<Ma dimmi del tuo incontro, quando l’hai visto?>>
Davide Peluzzi: <<Nel 2013 ho avuto questo incontrato, vedendo prima di tutto un’orma ben specifica e poi incontrando delle grandi scimmie bianche lungo la foresta, dopo il villaggio di Beding.>>
Licia Colò: <<Ma a che distanza?>>
Davide Peluzzi: <<A circa 40/50 mt di distanza tra gli alberi delle foreste. Questa che vediamo è un’orma. Mi trovavo alla discesa del Ghiacciaio Ripimo, sotto una montagna che si chiama Kang Nakugo e siamo sulla morena. La morena è fatta di detriti litici che sono sabbie e rocce. Lì siamo proprio sulla sabbia. E’ un’impronta molto labile, nel senso che nel giro di un giorno o due va via. Quest’impronta era una di una serie di impronte e.. io fotografai immediatamente e dissi “che scherzo che mi hanno fatto”. Mi guardai intorno e c’era il nulla, praticamente.>>